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Page:Labi 2009.djvu/90

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e mentalità. Le attese di querti ultimi furono spesso deluse a causa delle dif- ficoltà che dovettero affrontare, alimentando il malcontento nei confronti delle autorità. Il rancore, dovuto alla difficile reintegrazione nella società elvetica, sfociò talvolta in rimostranze pubbliche. A titolo di esempio, quando nel gennaio 1944 il Consiglio federale stanziò un credito per sussidiare gli studi dei rifugiati (italiani per lo più), il padre di uno studente svizzero rimpatriato scrisse al Corriere del Ticino chiedendo che cosa avesse nel frattempo fatto, invece, «per aiutare gli studenti svizzeri rimpatriati», poiché molti avevano dovuto interrompere gli studi: «sarebbe troppo chiedere che il Consiglio federale equiparasse gli studenti svizzeri rimpatriati agli studenti stranieri rifugiati?»[51] E nell’agosto 1945, questo sentimento di rancore si tradusse in una petizione lanciata dall’«Associazione svizzera dei rimpatriati dall’estero» «in favore dei rimpatriati e dei creditori svizzeri verso l’estero», al fine di ottenere degli indennizzi per le perdite subite.[51]


Conclusione

Nello studio del rimpatrio svizzero dall’Italia durante il periodo della Seconda guerra mondiale, abbiamo raccolto cifre e nominativi. Dei 16’700 svizzeri residenti in Italia all’inizio del secondo conflitto mondiale, sappiamo che circa 3500 (ovvero poco più dio 1/5) tornarono in Svizzera. Di loro conosciamo sommariamente le difficoltà di permanenza in Italia e le trattative dei consolati e della legazione per preparare il rimpatrio. Bloccato il ritorno di massa dalle autorità federali, solo una parte di loro fece volontariamente ritorno grazie a piccoli convogli organizzati dai consolati o con mezzi propri. Malgrado la loro volontà di restare, gli svizzeri perseguitati a causa della loro discendenza o fede ebraica (129) costituirono un caso a parte nelle trattative diplomatiche italo-elvetiche. Ottennero protezione dalle autorità elvetiche e concessioni da parte delle autorità fasciste e nazionalsocialiste e furono gradualmente rimpatriati dal 1938 al 1944, mano a mano che le condizioni peggiorarono. Le donne ex-svizzere che si ricongiunsero volontariamente con la famiglia d’origine, una settantina quelle registrate dal Comando di polizia del Cantone Ticino, spinte al rimpatrio per l’assenza del coniuge, per motivi politici o per le conseguenze della guerra, furono inizialmente trattate come gli altri rifugiati ma ben presto godettero di particolari privilegi. Esse furono solitamente accolte e «liberate» presso le proprie famiglie in Ticino,

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Histoire des Alpes - Storia delle Alpi - Geschichte der Alpen 2009/14